San Rocco è un
santo del Medioevo, e la sua figura può essere compresa tra i contrasti di
quell'epoca storica. Sulla sua storia personale non esistono cronache datate
e resoconti precisi. Esistono degli 'ACTA' antichi
anonimi, detti 'ACTA
BELFORTIANI' o 'ACTA BREVIORA', trovati dai BOLLANDISTI tra
i manoscritti del monastero dei Betlemiti presso Lovanio e ricostruiti
con un manoscritto dei Padri Celestini di Parigi. Gli specialisti
fanno risalire la stesura di questi 'ACTA' ai primi decenni del XV
secolo. Con il racconto della vicenda principale in essi contenuti, gli ACTA
BREVIORA sembrano rimandare ad avvenimenti verificatisi intorno
al 1350 e collegati con la epidemia di peste nera
che per circa un decennio, funestò l'Italia e
l'Europa. Tutti gli
autori successivi si rifecero agli 'ACTA' anonimi; e vi aggiunsero solo poche informazioni che riguardarono
la vicenda terrena di San Rocco, inquadrata in una epoca determinata con date
più o meno attentibili, e la vicenda gloriosa del Santo, del quale si
cercò di seguire la storia postuma e la diffusione delle sue reliquie nelle
varie città d'Italia, di Francia e d'Europa. Le storie
antiche della vita di San Rocco, gli 'ACTA
BREVIORA' anonimi del XV secolo e
la 'VITA S. ROCHI' di F. Diedo, posero in risalto la nobiltà dei natali
e la miracolosità della nascita del Santo. Egli nacque da Giovanni, signore
di Montpellier, e da Libera,
donna altrettanto nobile e
devotissima. La nascita del santo, similmente a
quella di Giovanni il
Battista fu ritenuta miracolosa e segnata dalla volontà divina con una
croce impressa sulla sua
cute la quale fu interpretata come simbolo della sua consacrazione a
Cristo. Egli fu
educato alla bontà e alla pietà, e fu
per lui modello di vita la
santità di un altro nobile francese dell'epoca: Ludovico d'Angiò,
giovanissimo Vescovo di Tolosa, il quale rinunciò al Regno di Napoli per la
sequela di Cristo. Come questo santo principe che volle indossare l'abito
della povertà francescana, lo stesso
nobile Rocco, come si legge nella bolla della sua canonizzazione del 1547,
volle aderire all'ordine dei Frati di
San Francesco d'Assisi, facendosi
Terziario. Rocco fu
aduso al digiuno già in tenera età e, adolescente, praticò le
virtù e la penitenza cristiane. Il passaggio di tantissimi
pellegrini per la
sua città, posta sulla Via per
Santiago di Compostela, colpì la sua
giovane mentalità; e lo affascinò al punto che egli stesso si
predisponeva al pellegrinaggio a Roma, in Terra Santa e
verso gli altri luoghi della cristianità medievale, come San Michele al Gargano e San Matteo a
Salerno.
Ancora
adolescente egli raccolse le ultime volontà del padre che gli propose di
usare cristianamente i beni che riceveva. Dopo la morte della madre, avvenuta
qualche anno dopo, Rocco rimase solo a gestire i suoi beni, che destinò alla
consolazione dei poveri, delle vedove, degli orfani. Si ritrovò che aveva
praticamente dispensato tutti i suoi beni. E non gli rimaneva altro che il suo desiderio di andare
pellegrino. E giovanissimo egli indossò l'abito del viandante; prese il bacolo, mise il cappellaccio e il manto
conghigliato, e si avviò verso
Roma. Dopo qualche
tempo, lasciandosi alle spalle la Liguria, egli si incamminò per la Toscana,
percorrendo la Cassia, attraverso Lucca e Siena. Giunse nello stato
pontificio, ad Acquapendente, nel territorio
della città papale di Viterbo, a ridosso del lago di Bolsena; all'incrocio della strada per
l'Umbria che partiva da Orvieto. Lo avevano affascinato le colline e i
paesaggi, le rocche e le badie che
incontrava sul suo cammino; i monasteri e i rifugi di campagna che lo
ospitavano. Ad Acquapendente lo raggiunse la notizia che la peste si andava
diffondendo in maniera durissima, colpendo i giovani più forti e mietendo
vittime in ogni contrada. Allora egli chiese, mosso dalla carità di Dio, al
responsabile dell'ospedale di quella cittadina, un certo Vincenzo, di poter
servire volontario gli ammalati e i derelitti; e devotamente si mise a curare
i malati, nel nome e nel segno di Cristo; ricevendone gratitudine e
riconoscenza. Le vicende
dell'epidemia gli impedirono, per qualche tempo, di raggiungere Roma; ed
egli, riscoprendosi poteri taumaturgici ed avvertendoli come volontà divina,
si avviò verso i luoghi dove il morbo infieriva, cercando di portare sollievo
e guarigioni. Si trovò così, il santo giovane, a percorrere la strada
appenninica verso il Nord, dove raggiunse la città di Cesena; e li
contribuì a liberarla dalla peste. Dopo qualche tempo egli fu a Roma,
ospite del Cardinale d'Angera.
Anche a questo cardinale egli ebbe opportunità di mostrare i suoi poteri
taumaturgici; liberandolo dal morbo con l'impressione di un segno di croce
sulla fronte. Riconoscente, ma anche infastidito dal segno che permaneva
sulla sua fronte secondo quando dice la cronaca antica, il Cardinale ospitò
il santo per qualche anno nel suo palazzo; e gli fece conoscere il Pontefice,
il quale di sua mano lo benedisse e gli concesse l'indulgenza plenaria del
pellegrino di San Pietro e di San Paolo. Alla morte del Cardinale, Rocco
lasciò Roma, dopo avervi vissuto per
circa tre anni; e si avviò al Nord per la Flaminia, visitando Assisi e i
luoghi francescani dell'Umbria. A Rimini egli si fermò ancora per qualche
tempo, perché la peste continuava ad infierire; offrendo la sua opera e
guarendo molti appestati. Percorrendo poi l'Emilia, egli attraversò città e campagne, dirigendosi verso Piacenza, Pavia e Milano.
La cronaca antica, dopo Rimini, lo segnalò a Novara, altra città funestata
dalla peste più grave. Rocco si recò poi a Piacenza, città ancora
invasa dalla malattia; e là egli si prodigò nell'ospedale, nei
lazzaretti e nelle case della gente,
benedicendo e curando gli ammalati con il segno della croce e con interventi
igienici.
Fu a Piacenza
che Rocco ebbe il sentore dell'Angelo che gli preannunciava che la peste
avrebbe colpito anche lui: le infezioni alla sua gamba si estesero in maniera
dolorosa e lo privarono del sonno e
lo costrinsero al gemito e al pianto. Di notte, così, egli abbandonò l'ospedale
e si recò in una selva fuori della città. La peste di
Rocco, nel disegno divino, doveva avere valore di sofferenza offerta per la
liberazione di tutti; ed in questa prospettiva Rocco si costruì un luogo
appartato con le frasche ove miracolosamente
sgorgò una fonte di acqua pura. Nella stessa selva si trovavano la villa rurale e le proprietà
del nobile Gottardo. Alla tavola di questo nobile, ogni tanto, un suo
cane 'venatico' sottraeva del pane e
lo portava al santo eremita Rocco. Questo comportamento dell'animale
incuriosì Gottardo, che volle seguire
il cane; e scoprì la capanna di san Rocco
che ivi giaceva affetto dalla peste. Il rispetto e l'amicizia reciproca
furono subito i sentimenti che emersero tra i due uomini. Gottardo vide nel comportamento
del cane un segno divino, e volle aiutare il santo. Vicino a Rocco Gottardo
si convinse ad abbracciare la povertà e ad andare elemosinando per
Piacenza, dove era molto conosciuto, tra lo scherno generale. La peste
si riaccese violenta in città, e
Rocco fu costretto a lasciare il suo eremo per portare conforto e cura agli
appestati. La sua presenza in città mitigò miracolosamente le brutte
manifestazioni del male; e i piacentini riconoscenti vollero onorare Rocco
nel bosco, condividendone la vita e ascoltandone l'insegnamento. Durante una
notte, Gottardo ascoltò la voce
dell'Angelo che annunziava a Rocco la fine della sua malattia; e
riferì la cosa al Santo; il quale
effettivamente guarì e, ringraziando il Signore, riprese la via del ritorno
verso la Francia. Da Piacenza, Rocco, seguendo la via ripense del Po e
del Ticino, si portò ad Angera; città
di cui teneva il titolo il suo vecchio amico Cardinale, e la quale era
dominio di un suo zio. In questa città, situata sulla riva del lago Maggiore, erano in corso scontri
bellici; e Rocco, scambiato per nemico, fu
imprigionato; e là rimase in cella per cinque anni, senza avere
occasione di manifestare la sua nobile identità. Il malinteso fu risolto alla
sua morte; quando segni di luce misteriosa
nella cella testimoniavano la sua innocenza e la sua sofferenza accettata per amore di Dio. In fin di
vita, Rocco chiese un sacerdote per confessarsi; e chiese alle guardie di non
essere accudito per tre giorni. Una rivelazione dell'Angelo manifestò poi a
Rocco che una sua preghiera sarebbe
stata accolta e soddisfatta dallo stesso Signore. Ed egli
chiese di essere patrono nella peste e di aiutare
tutti quelli che, patendo dei pericoli di questo
morbo, si fossero rivolti a Dio e al suo patrocinio. La notizia dei fenomeni
miracolosi nella cella di Rocco si diffuse e giunse al signore della città;
la madre del quale, dalla tavoletta d'oro con l'impressione del nome del
Santo miracolosamente ritrovata sotto la
sua testa e dal segno della croce impresso sul petto, riconobbe
nel santo pellegrino il nipote del figlio e ricordò che il
padre di Rocco era stato
fratello germano del signore di Angera. Alla sepoltura gli abitanti di Angera
parteciparono commossi; e al pellegrino, ritenendolo già santo,
innalzarono una grande Chiesa.
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